Allora.
Parliamone.
SEI penne, SEI, son decedute oggi. TUTTE QUELLE CHE AVEVO, IN SOSTANZA.
La 0.3 è stata rapita da non so chi.
E’ stata poi la volta della scoperta più devastante: apro il portapenne e trovo la 0.5 circondata da losche matite colorate e privata del suo tappo. Stecchita.
Continuo a ravanare alla ricerca disperata delle altre sue amiche.
Scoperta ulteriormente più devastante: la 0.8 è nelle stesse condizioni.
Ravano ancora: la 1 è viva, ma sta per rimanerci.
La 0.2 è viva e vegeta nella sua estrema inutilità per l’esame.
Ne manca una: la 0.4, l’unica che potrebbe risollevare le sorti dello studio di oggi.
Non è nel portapenne: è in un ambiguo astuccio a testa in giù e senza tappo: una sorta di San Pietro che si fa crocifiggere a testa in giù per rispetto alla 0.5.
Parte subito l’operazione per riportarle in vita.
Cisterne di acqua bollente e dita martoriate, bagno invaso dalla china, tutti i vestiti anneriti e macchiati sono il bilancio dell’ultima ora e mezza.
Lo stato delle penne è questo.
Le fuck.
Al prossimo bollettino medico.